"In te si rallegra, o Piena di grazia, 
tutta la creazione,
le schiere degli angeli ed il genere umano.
O Tempio santificato, o Giardino spirituale,
o Gloria verginale in cui Dio si è incarnato
e si è fatto piccolo bambino,
Lui che è il nostro Dio da tutta l'eternità. 
Del tuo seno si è fatto un trono
E lo ha reso più vasto dei cieli.
O Piena di grazia, tutta la creazione
si rallegra in te. Gloria a te!"

In te si rallegra ogni creatura

 

Questa icona subito ci fa pensare a Maria come la chiamano alcuni padri “terra di cielo”, infatti Maria è collocata su un trono, lei stessa trono dell’Altissimo fattosi bambino (orante, con le braccia aperte a tutti accogliere o benedicente col rotolo della storia  di cui solo lui ha la chiave del senso ultimo),  tra angeli,  al cuore di un tempio- città santa del cielo- nuovo paradiso (variamente reso con piante e animali), con ai suoi piedi i resi santi dall’aver corrisposto al dono del Signore nei secoli dei secoli, nello svolgersi di  tutta la storia umana.

Il trono di Maria si erge su un monte come appunto il tempio e la città santa ad indicare, lei figlia di Sion, la continuità e la novità della presenza del Signore.

Il legame tra Maria e il tempio nella tradizione antica orientale  abbraccia tutta la vita di Maria, comincia con la sua presentazione al tempio a tre anni per finire nella gloria dei santi, come in questa icona, e questo perchè il grembo di Maria è stato la dimora prima di Dio fatto carne tra gli uomini.

Maria è  la primizia che indica ciò che ogni creatura è chiamata ad essere, ciò che è il desiderio costitutivo di ogni creatura,  indica la Gerusalemme celeste  verso cui guarda la chiesa ma anche l’intera umanità, lo sappia o meno: ogni creatura è chiamata a farsi  luogo della presenza divina (1 Cor 3,16s) e a gustare tale presenza per sempre.

Compiutosi il mistero pasquale del Figlio, ai nostri occhi, nel quotidiano, le cose appaiono quelle di prima, ma nella sfera dell’invisibile già c’è stata donata la Gerusalemme celeste, il tempio dove si celebra la comunione dei santi: Maria la prima, solo creatura,  entrata nella pienezza della comunione celeste ne è il segno e per questo tutta la creazione che geme ancora doglie di parto (cf Rm 8,22) già si rallegra, gioisce  per lei e in lei, perché contemplandola nella fede sa che l’attesa non è vana: il cielo è aperto alla terra.

Certo tutto il percorso di Maria è relativo a Gesù Cristo, Figlio di Dio che in lei si è incarnato, ma Maria nella luce della mandorla mostra quale glorificazione attende tutti i santi coinvolgendo angeli e ogni elemento della creazione nella lode che, attraverso lei, va al  Signore, alla Santissima Trinità di cui solo è l’opera della santificazione e la gloria.

Maria diventa così immagine della Gerusalemme celeste che include la terrena (Maria è figlia di Israele!), immagine della Chiesa celeste che include quella terrena (Maria è una creatura) e tutti a lei convergono, “uomini (e donne) di ogni tribù, lingua, popolo, nazione” riscattati dal sangue dell’Agnello (cf. Ap 5,9s; 7,9): compaiono infatti figure di varie epoche, diversamente caratterizzate secondo  le molte icone che circolano come varianti di un modello base della fine del XV in Russia, ma sempre la disposizione rende l’idea dell’armonia del mondo celeste in cui la diversità si compone in un’unica sinfonia di colori.

Maria quindi viene presentata come il prototipo dello splendore di bellezza della creazione intera, come i tanti inni orientali la celebrano (cielo, terra, luna, monte, sorgente, nube, perla, paradiso…), dove bellezza è la piena corrispondenza al disegno del Creatore e splendore è la realizzazione piena della somiglianza con Dio,  ma ancor di più Maria viene ad essere indicata come vertice della santità, culmine della gioia escatologica dove la gioia degli uomini è la stessa gioia di Dio:

“Gioisci, esulta, figlia di Sion perché, ecco io vengo ad abitare in mezzo a te… Nazioni numerose aderiranno in quel giorno al Signore e diverranno suo popolo…”(Zc 2,14s)

“Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme scendere dal cielo, da Dio pronta come una sposa adorna per il suo sposo… non entrerà in essa nulla di impuro…..non vi sarà più notte  …. Il Signore Dio li illuminerà e regneranno nei secoli dei secoli. (Ap 21,2.27;22,5)

A tutto questo rimanda l’icona che traduce in immagine un Inno ritenuto di Giovanni Damasceno (sempre rappresentato nell’icona con un più o meno vistoso cartiglio del testo di tale inno), ma la cosa più importante è notare l’importanza di questo rimando per il fatto che questo inno confluisce nella liturgia di San Basilio ed è cantato in Quaresima.

Questa indicazione sottolinea quale è  la meta di ogni digiuno e preghiera, di ogni fatica ascetica volontaria o implicita nella vita stessa: non è chiesto al cristiano che sia per altro motivo che per la santificazione, trasfigurazione, divinizzazione propria e dell’intero popolo di Dio, perché è questo che rende lode al Signore, pur nelle diverse concretizzazioni vocazionali lungo i tempi e gli spazi geografici (profeti, re, padri della chiesa, uomini e donne del deserto, apostoli, martiri, monaci, giusti, uomini o donne).

Mentre si canta questo inno nella liturgia il sacerdote prega in segreto facendo memoria di vivi e defunti: “Per il santo Profeta e Precursore Giovanni Battista  ( e qui si coglie il forte legame tra la liturgia e l’icona perché il Battista ha sempre un posto privilegiato nell’icona!), per i santi gloriosi e lodati Apostoli , per il santo del quale celebriamo la memoria, e per tutti i tuoi Santi. Per le loro suppliche visitaci benevolmente, o Signore. Ricordati anche di tutti gli addormentati nella speranza della Risurrezione alla vita eterna e riposali, Dio nostro, dove vigila la luce del Tuo volto.” Segue il ricordo dei viventi a cominciare dall’Episcopato fino a coloro che sono presenti.

Così nella Divina liturgia nei testi di Testimonianza Ortodossa, altrove come testo ho trovato:“Riunisci nella Comunione dell’unico Spirito noi tutti che ci comunichiamo all’unico pane e all’unico calice;fa’ che troviamo misericordia  e grazie insieme ai santi che da sempre ti sono graditi, i progenitori, i padri, i patriarchi, i profeti, gli apostoli, i predicatori, i martiri, e ogni giusto morto nella fede”.

Comunque, ecco che ci ritroviamo ad invocare di essere parte della Gerusalemme celeste, di essere parte del tempio del cielo al cui cuore si trova Maria che intercede potentemente (è il suo stare seduta in trono a suggerirlo!)  per tutti i suoi figli, consapevoli che già abbiamo un anticipo proprio nella divina liturgia, ma anche contemplando una icona come questa: la nostra gioia è in cielo!